Appunti di storia di Israele
L'epoca dei Patriarchi
La prima redazione scritta, dopo una lunga fase di tradizione orale, delle origini di Israele nella forma delle genealogie e delle saghe familiari risale ai tempi del regno di Davide e Salomone nel X secolo a. C. Nei capitoli 12-50 del libro della Genesi troviamo la narrazione delle origini organizzata attorno a quattro personaggi riconosciuti e celebrati come patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe/Israele e Giuseppe (la cui vicenda non è direttamente legata ad un evento storico preciso e svolge la funzione di raccordo tra l’epoca dei patriarchi e l’epoca dell’esodo). Costoro sono i capifamiglia di clan seminomadi alla ricerca di pascoli e di una dimora stabile. Si installano spesso presso le città e cercano generalmente di intrattenere buoni rapporti con le autorità locali. Questo non esclude l’impiego occasionale dell’astuzia e della violenza. Questi gruppi non si mescolano con le popolazioni locali. Le grandi famiglie patriarcali appaiono come delle unità indipendenti, impegnate a custodire la loro identità e le tradizioni proprie, in particolare il culto del Dio dei loro padri. La vita seminomade dei patriarchi, i loro nomi e costumi corrispondono al modello sociologico dell’Antico Oriente agli inizi del II millennio a. C. e di più, di questa parte della storia, non possiamo dire.
Abramo e Sara, Tempera all'uovo, 40x50.
Icona realizzata Piccolo Eremo delle Querce in Santa Maria di Crochi
Mosè - Michelangelo (1513-1515)
L'uscita dall'Egitto
La Bibbia ci presenta due tradizioni riguardanti l’Esodo: l’esodo fuga e l’esodo espulsione, cui corrisponde un doppio itinerario nel deserto. Questo ci porta a dire come l’esodo sia stato un evento molteplice e distribuito nel tempo, unificato poi in un’unica tradizione con a capo l'importante figura di Mosè. Il senso ultimo dei racconti biblici, nei quali si legge la storia alla luce della fede in Dio, è che in questi secoli (probabilmente tra il XIV e il XIII sec. a.C.), Israele abbandonò la terra d’Egitto e YHWH plasmò Israele come popolo traendolo da un insieme di diverse tribù. Sappiamo dalla storia egizia che il faraone Ramses II (XIII sec. a. C.) ordinò la costruzione di due città-fortezze (Ramses e Pitom), all’estremo est del delta del Nilo, nella terra di Gosen, zona di confine nei pressi della via Maris, una delle grandi vie di comunicazione nel mondo antico che collegava l'Egitto con la Mesopotamia. Qui è possibile collocare la “schiavitù” degli ebrei, che meglio sarebbe definire oneroso lavoro forzato, sicuramente fonte di oppressione e umiliazione per gli ebrei e non solo. Possediamo, inoltre, un documento egizio che menziona per la prima volta Israele come popolo. Questo documento celebra la vittoria sui libici: è la stele del faraone Mernephthah, figlio e successore di Ramses II, databile tra il 1230-1219 circa e scoperta a Tebe nel 1896. In essa sta scritto: «Devastato è Israele. Esso è senza seme».
La conquista di Canaan e il periodo dei Giudici
La narrazione biblica presenta la conquista della terra di Canaan come una “guerra lampo” iniziata con la conquista di Gerico, punto strategico e città più antica del mondo (fondata intorno all' 8000 a.C.). La conquista, nella realtà storica, fu invece un evento disteso nel tempo e nello spazio, con vittorie, sconfitte e con insediamenti avvenuti senza spargimento di sangue. In questi secoli Israele deve affrontare il confronto (che a volte divenne scontro) con le popolazioni originarie del luogo, fra cui spiccano i Filistei, e la sua sopravvivenza a volte è messa in pericolo. Per questo, secondo il libro di Giosuè e il libro dei Giudici, Dio sceglie alcuni uomini saggi, e li costituisce giudici in Israele, inviati per difendere e liberare il popolo dai nemici. Accanto a questa figura carismatica di giudice, che raccoglie intorno a sé per un tempo limitato o per una missione specifica tutte le 12 tribù di Israele, sussiste anche una “figura minore” di giudice, che amministra la giustizia per una sola tribù. Dal punto di vista politico le tribù sono relativamente autonome, ma rimangono unite da un’alleanza religiosa («confederazione israelita»), che ha nel santuario di Sichem il centro vitale, luogo in cui si suggellò un'alleanza tra le tribù partendo da una comune fede religiosa (Gs 24, 25)
Un dettaglio della facciata di Medinet Habu mostra i Filistei condotti in schiavitù da Ramses III
Statua raffigurante il Re Davide
Bassorilievo in alabastro di Sargon.
Esposto all'Iraq Museum
La monarchia
Il grande cambiamento istituzionale avvenuto in Israele ovvero l'avvento della monarchia non fu ben visto da tutti. Le forze conservatrici del clero e le tendenze democratiche delle tribù, trovano voce nei racconti biblici del primo libro di Samuele. La corrente filo-monarchica alla fine ebbe il sopravvento. Con il nuovo modello politico monarchico, ispirato dall'organizzazione delle popolazioni autoctone che divenne presto causa di ingiustizie e di tensioni, iniziò la storia ufficiale d’Israele presente anche in documenti extrabiblici (ossia non appartenenti alla bibbia).
Si tratta di sei date confermate anche da testi assiri:
853, la sconfitta del re d’Israele Achab da parte di Salmanassar III;
841, il tributo del re di Israele Iehu a Salmanassar III (Obelisco Nero);
806, il re assiro Adad-nirari III esige un tributo da Ioash, re d’Israele;
735, il re assiro Tiglat-pileser III esige un tributo da Achaz, re di Giuda;
721, Sargon II conquista Samaria e ne deporta gli abitanti;
701, Sennacherib attacca il re di Giuda, Ezechia (Cilindro di Taylor).
L’esperienza monarchica in Israele va distinta in due fasi: il breve periodo di Regno unito sotto un unico re e poi il Regno diviso in due: Regno del Nord o di Israele e Regno del sud o di Giuda.
Nel periodo del Regno unito troviamo i nomi famosi dei re Saul, Davide e Salomone. Davide regna per circa quaranta anni (1010-970 a.C.): «A Hebron regnò su Giuda sette anni e sei mesi; e a Gerusalemme regnò trentatré anni su tutto Israele e Giuda» (2Sam 5,5). Il figlio Salomone regnò, secondo la tradizione, dal 970 al 931 a.C. Con Roboamo, figlio di Salomone, nel 931 il Regno si spaccò in due: il Regno del Nord o di Israele, con capitale Samaria, preda dell’Assiria nel 721 ad opera di Sargon II, che deportò gli abitanti in Assiria e insediò alcuni coloni stranieri. Questo insediamento diede origine a quella etnia mista tanto disprezzata dagli ebrei ovvero i samaritani, ancora oggi presenti nei pressi di Samaria.
Il Regno di Giuda o del Sud, retto costantemente dalla dinastia davidica (cioè dalla stirpe del re Davide), con capitale Gerusalemme, che cadde nelle mani dei Babilonesi nel 587. Il re Nabucodonosor II distrusse la città, rase al suolo il Tempio di Salomone e deportò il meglio di Gerusalemme a Babilonia.
Queste due deportazioni, diedero origine al fenomeno della "Diaspora", ossia della dispersione degli ebrei in diverse nazioni straniere.
L'esilio
Dopo la distruzione di Gerusalemme da parte di Nabuccodonosor nel 587, furono deportati a Babilonia i ceti dirigenti (notabili, alti funzionari, intellettuali), gli operai specializzati (muratori, fabbri, falegnami etc) e anche donne e bambini. L’esilio a Babilonia fu un momento decisivo nella storia di Israele. Pur nella difficoltà e nella sofferenza per essere lontani dalla propria terra, gli ebrei in quegli anni svilupparono una profonda riflessione, una riorganizzazione sociale e religiosa ed intrapresero l’enorme raccolta e rielaborazione delle tradizioni orali e scritte. Fu anche un periodo significativo di ripensamento e approfondimento della propria identità, grazie al contatto con la grande tradizione culturale mesopotamica. Durante l’esilio, l’ebraismo si raccolse attorno alla sinagoga (vero luogo di fede e di cultura) e si diede l’impulso definitivo alla stesura della Torah, gettando le basi di ciò che sarà il giudaismo. Il sentimento dei deportati è espresso in modo toccante dal componimento poetico che troviamo nel Salmo 136:
“Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportati, canzoni di gioia, i nostri oppressori: “Cantateci i canti di Sion!”. Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia”.
L'ottava porta di Babilonia detta "Porta d'Ishtar".
Ricostruita al Pergamonmuseum di Berlino.
Ciro il Grande re di Persia
L'inizio del "giudaismo del secondo tempio"
Nel 538 Ciro, re di Persia, emanò un editto che permise alle diverse comunità nazionali, vinte dai babilonesi e deportate a Babilonia, il ritorno in patria. Un buon numero di ebrei si mise in cammino verso Gerusalemme con l'intento di ricostruire il Tempio (che verrà poi consacrato nel 515). Si aprì per l’ebraismo un periodo piuttosto chiuso ed integralista dominato dalla casta sacerdotale. Israele visse chiuso in se stesso, sostenuto da una teocrazia: la Torah divenne la legge dello Stato, il cui capo è il sacerdote e si vietarono i matrimoni misti. La figura guida fu il dottore della legge e l’osservanza della Legge divenne la condizione essenziale per l'incontro con Dio. Va qui ricordata l’opera tenace di Esdra e Neemia che sostenne il ritorno degli esuli e plasmò il giudaismo. Neemia, coppiere del re di Persia Artaserse I, ottenne dal sovrano il permesso di recarsi a Gerusalemme e riedificarne le mura (445). Secondo la cronologia tradizionale nel 444 Esdra, sacerdote e scriba, diede lettura della Legge davanti al popolo, rinnovando così in forma pubblica e solenne l’alleanza del Sinai e dando inizio a una forma di culto che sarà tipica della liturgia sinagogale. Ma, su questi dati, non c’è concordanza tra gli studiosi. Come governatore di Giuda in nome del re di Persia, Neemia provvide a riorganizzare la provincia e a ripopolare la capitale, dopo aver compiuto in soli 52 giorni la ricostruzione delle mura. Neemia tornò una seconda volta, nel 432, a Gerusalemme, per rinsaldare la sua opera, mentre Esdra, anch’egli con mandato regio, si occupò della restaurazione religiosa.
L'epoca Maccabaica e la dinastia Asmonea
l grande impero macedone di Alessandro Magno, alla fine del IV secolo, conquistò senza nessun problema anche Israele. Alla morte di Alessandro Magno (323) l’impero fu diviso in quattro porzioni che vennero distribuite tra i suoi massimi generali. La Palestina toccò, prima, alla porzione egiziana retta dal generale Tolomeo (epoca dei TOLOMEI 312-198 a.C.) e poi a quella sira, retta dal generale Seleuco e dai suoi successori (epoca dei SELEUCIDI 198-142 a.C.). Questi sovrani applicheranno anche ad Israele la loro politica di ellenizzazione forzata, costringendo gli ebrei alla religione, alla cultura e alle abitudini ellenistiche. Ciò avvenne soprattutto sotto il regno di Antioco IV Epifane che salì al trono nel 175. Nel 167 venne inaugurato nel Tempio di Gerusalemme, il culto di Zeus Olimpio. Il programma di Antioco ebbe certamente un seguito tra gli ebrei. Ma le violenze di Antioco, e i numerosi martiri, spinsero il movimento religioso degli asidei (dall’ebraico chassidim, cioè pii/fedeli) alla rivolta, che nel 166 si riorganizzò intorno alla famiglia degli Asmonei, costituita dal sacerdote Mattatia e dai suoi cinque figli. La rivolta dei Maccabei (così detta dal soprannome Maccabeo, che significa “martello”, dato a Giuda, terzogenito di Mattatia e primo capo del movimento), iniziata come una guerriglia, si ampliò e alla fine ebbe successo: Gerusalemme fu quasi interamente liberata e il Tempio nuovamente dedicato a YHWH nel 164 (a questo evento si collega la festa annuale di Hanukkah– festa “delle luci” o della “dedicazione”). Ma lo scontro continuò con Giuda e i suoi fratelli, che condussero diverse campagne in aiuto degli ebrei palestinesi lontani da Gerusalemme, con vario esito: furono anni pieni di contrasti. Una parte dei sostenitori dei Maccabei (gli asidei e i sadducei) si ritennero soddisfatti della riacquistata libertà religiosa e non li appoggiarono più nella loro lotta per la totale indipendenza, mentre Gionata, fratello succeduto a Giuda, condusse un’azione ora militare ora diplomatica, giocando con le rivalità fra i pretendenti al trono di Siria, e ottenne infine, nel 152, l’investitura a sommo sacerdote e a capo civile del paese, che governò autocraticamente: giunse anzi a concludere alleanze con Roma e con Sparta. Questa condotta, quasi da sovrano, non fu gradita ai siri: Gionata venne catturato a tradimento e ucciso nel 142. Gli succedette il fratello Simone, che con gli stessi mezzi ottenne uguale potere; caduto anch’egli in una congiura morì nel 134. A lui succedette il figlio Giovanni I Ircano, con il quale iniziò la dinastia degli Asmonei. I sovrani Asmonei furono per lo più inetti e crudeli e il loro periodo fu turbato da lotte civili e da continui delitti dinastici, che ne accelerarono la decadenza. Antigono, ultimo degli Asmonei, fu fatto uccidere nel 25 a.C. da Erode figlio del re idumeo Antipatro.
Busto di Antioco (Altes Museum, Berlino)
Il candelabro di Hannukah: la festa delle luci
San Pietro in Vincoli - Sarcofago dei fratelli Maccabei
Busto di Gneo Pompeo Magno (copia augustea da un originale del 70-60 a.C.; Museo archeologico nazionale di Venezia).
Sacco di Gerusalemme, rilievo dall'Arco di Tito a Roma
La dominazione romana
Pompeo, generale e politico romano, nel 63 a.C. occupò Gerusalemme, espugnò il Tempio e penetrò nel Santo dei Santi, la parte più interna del Tempio, custode della presenza di YHWH. Il suo stupore fu grande quando non trovò (usando le parole dello storico romano Tacito) «nessuna immagine di dèi, ma soltanto una sede vuota e vani misteri». Caduto il regno asmoneo, la comunità giudaica per oltre vent’anni fu retta dal sommo sacerdote, sotto il controllo del governatore romano della Siria, fino a che non giunse sulla scena Erode il Grande, figlio di Antipatro. Egli sposò la figlia di Ircano II, Mariamne, si impadronì del regno nel 40 a. C. e venne riconosciuto da Roma re federato, cioè vassallo con piena autonomia interna. Egli estese il suo territorio a tutta la Palestina. Erode costruì città, fortezze, eliminò ogni opposizione interna con veri e propri bagni di sangue e riuscì a tutelare la sua indipendenza rispetto alla superpotenza di Roma. Probabilmente due anni prima della sua morte, nel 6 a.C., nacque Gesù. E’ noto infatti che l’era cristiana nel suo computo cronologico è sbagliata a causa di calcoli errati effettuati nel VI sec. dal monaco Dionigi il Piccolo. Alla morte di Erode il Grande il regno fu smembrato fra i figli Archelao, Erode Antipa, Filippo e la sorella Salome, secondo l’arbitrato di Augusto. Ritrovò l’unità solo con il re Agrippa (41–44 d. C.), di stirpe erodiana, favorito degli imperatori Caligola e Claudio. Dopo Agrippa la Giudea non ebbe più neppure una parvenza di autonomia politica, e fu del tutto soggetta al procuratore romano residente a Cesarea, città costruita da Erode. Il governo dei procuratori, che non conoscevano nulla dei costumi giudaici e che spesso non cercavano altro se non di arricchirsi, fu sempre più provocatorio e repressivo, benché gli ebrei godessero, in patria e in tutto l’impero, di libertà religiosa ed esenzione dal culto imperiale. Scoppiò quindi nel 66 la rivolta giudaica, che travolse tutti coloro che ancora esortavano alla prudenza e alla pace, come i farisei e il sommo sacerdote e fu la tragica conclusione di una situazione esasperata. La guerra infuriò per quasi cinque anni, dapprima in tutta la Palestina, poi restringendosi sempre più attorno a Gerusalemme. Le legioni romane, impegnate sul campo, erano comandate da Vespasiano che, divenuto imperatore, fu sostituito dal figlio Tito. Fu lui a conquistare e distruggere Gerusalemme, dando alle fiamme il Tempio, nel 70 d.C.. La distruzione del tempio segnò la fine dello stato ebraico dell’epoca antica. La Giudea divenne una provincia romana distinta dalla Siria e amministrata da un governatore che poteva contare sulla X legione. Il Sinedrio, organo preposto all’emanazione delle leggi e alla gestione della giutizia, fu sciolto e il culto cessò di essere celebrato. L’ultimo tentativo per recuperare l’indipendenza avvenne con la rivolta di Bar Kokhbah nel 132 d.C.. La rivolta fu soffocata nel sangue dall’imperatore Adriano nel 135, con la definitiva trasformazione di Gerusalemme in colonia romana, denominata Aelia capitolina. Da questo momento sino alla fine della seconda guerra mondiale nel 1948, il popolo ebraico non ebbe più una patria. Il 29 novembre 1947 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella Risoluzione n. 181 approvava il piano di partizione della Palestina, che prevedeva la costituzione di due Stati indipendenti, uno ebraico e l'altro arabo. Il moderno Stato d'Israele fu quindi proclamato da David Ben Gurion il 14 maggio 1948. Purtroppo i conflitti in questa terra non sono ancora cessati, e non lo saranno fino a quando non si riuscirà a trovare la soluzione per consentire la convivenza pacifica dello Stato di Israele e di quello Palestinese.